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Bigoli all'uovo - Pasta - 2 foto - saltati con lo speck
I bigoli in salsa o, in veneziano stretto, i “bigoi coea salsa” o “Bigoi coea sàrdea”, sono IL primo piatto delle vigilie di magro per eccellenza, almeno in terra veneta. Si consumano la Vigilia di Natale, il Venerdì Santo e il Mercoledì delle Ceneri, e in tutti quei momenti liturgici in cui si osservano moderazione e astensione dal cibo. In realtà, però, la loro realizzazione è così semplice e il risultato tanto eccellente che in quasi tutte le trattorie Veneziane e dell’entroterra si trovano facilmente nel menù di tutti i giorni.
I bigoli sono un formato di pasta che somiglia allo spaghetto, ma uno spaghetto grosso con una superficie ruvida e porosa che ben trattiene il sugo. Si facevano a mano in tutte le case un tempo, con farina di grano duro mistata a quella di grano tenero e acqua, spesso con l’aggiunta di farina integrale, più per una questione di povertà che altro. Infatti la farina bianca era per i nobili. A partire dal 1600 si iniziò a usare un attrezzo chiamato “torcio bigolaro“, un torchio manuale che in molte case venete si trova ancora. Il Torcio nasce ufficialmente nel 1604 ad opera del padovano mastro pastaio Bartolomio Veronese:, era costruito in legno, aveva forma cilindrica e permetteva di comprimere l’impasto con una leva o a volte con un manubrio, facendolo passare attraverso una trafila a fori larghi dai 2 ai 2,5 mm, per formare il bigolo. Se si dispone di una rondella a buchi larghi è possibile, con un po’ di fatica, replicare il risultato con un tritacarne, a cui avrete cura di rimuovere la lama. Ma a prescindere dallo strumento con cui li andremo a realizzare, troviamo tracce storiche di questa pasta ancora antecedenti, già nel 1300. Durante la guerra che la Serenissima Repubblica ingaggiò con i turchi, colpevoli di affondare le navi che trasportavano il prezioso grano duro, a un pastaio addetto al vettovagliamento venne l’idea di usare la poca farina di grano duro che restava, mischiata al grano tenero in modo da formare un grosso spaghetto.
Il bigolo è talmente famoso e di uso comune è da essere rintracciato anche in famose ballate e filastrocche popolari.
“Me piase i bigoli con la luganega Marietta dammela per caritààààààà!!!…..”
Oggi in realtà i bigoli in casa non li fa più nessuno, si trovano già pronti in commercio, sia in versione secca un po’ più sottili, che in versione fresca, però con l’aggiunta di uova rispetto alla ricetta originale.
I bigoli in salsa sono realizzati con un condimento semplice e povero, ma molto gustoso, formato da cipolle affettate finissime e acciughe (o sarde) disciolte lentamente in olio extravergine di oliva. La salsa di sarde è un condimento povero che nasce
dalla necessità di unire le poche proteine reperibili dal supermercato più economico a disposizione, la laguna, ai carboidrati necessari al sostentamento.
Si dice che il piatto nasca dalla contaminazione, molto forte in terra veneziana, con la cultura ebraica del ghetto e la sua osservanza dei periodi di digiuno. La cosa di per sé non stupisce: Venezia, in fin dei conti, è stata forse una delle città più cosmopolite e aperte alle contaminazioni culturali, ben prima che questi fossero argomenti alla moda.
Non esiste una vera e sola ricetta dei bigoli con le sarde, ogni famiglia custodisce la propria, considerandola la migliore e l’originale, come per la maggioranza dei piatti nati in economia domestica.
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